Diari di Cineclub è Media Partner di Firenze FilmCorti Festival
(stefano macera) (locandine di massimo pellegrinotti) In molti dei recenti dibattiti sulle trasformazioni della cultura cinematografica, si è sottolineato come uno dei fenomeni più rilevanti della fase attuale sia il sempre maggior numero di riviste che nascono direttamente online. Si tratta di una tendenza dalle molteplici cause, tra le quali la necessità di abbattere i cospicui costi del cartaceo, che di fatto sta contribuendo a modificare tanto le forme della scrittura quanto il rapporto con i lettori della pubblicistica legata alla “settima arte”. In tal senso, rivelatrice ci pare l’esperienza di Diari di Cineclub, una pubblicazione mensile – giunta al suo 60° numero – che ha come direttore responsabile Angelo Tantaro, coadiuvato da Maria Caprasecca che collabora in redazione insieme a Nando Scanu. Interessante è il processo che ne ha determinato la nascita, dovuto alla convergenza di diverse spinte, una delle quali prodottasi all’interno del Cineclub Roma Fedic, i cui associati, ansiosi di far circolare quanto emergeva nelle articolate discussioni successive ad ogni proiezione, hanno in primo luogo dato vita ad un ciclostile. A breve giro, si è poi verificato quello che, concettualmente, è un salto di decenni: abbandonando una modalità di pubblicazione che l’immaginario collettivo associa a tempi lontani, si è realizzato il sito internet del cineclub. Col tempo, però, si è fatta strada la convinzione che fosse giunto il momento di creare una rivista di più ampio respiro e, soprattutto, capace di coinvolgere il vasto e variegato panorama dell’associazionismo cinematografico italiano. Un’idea rafforzatasi nel dialogo con Marino Borgogni, allora Vice Presidente della Fedic, Presidente di Valdarno Cinema Fedic e fondatore del notiziario “Fedic
Notizie”: a lui, scomparso prima che il progetto andasse in porto, è stato infatti interamente dedicato il 1° numero (dicembre 2012). Ma non bisogna dimenticare gli stimoli che, in questa direzione, sono venuti anche da un importante momento di confronto collettivo con quelle che sono le molteplici facce attuali dell’audiovisione: quel Sardinia Film Festival (di cui lo stesso Tantaro è presidente) che, assieme ad altre manifestazioni, testimonia la sorprendente vivacità culturale di un’isola che, oggi, viene citata dai media soprattutto in relazione a devastanti processi di desertificazione industriale. Da queste spinte è nata un’esperienza singolare, evidentemente indicativa delle possibilità insite in un uso accorto della rete: una testata indipendente che sembra appartenere a chi, volta per volta, ci scrive. E che fa della mescolanza tra i contributi di personalità illustri (artisti, intellettuali, critici cinematografici) e gli scritti firmati da “semplici” appassionati di cinema, una vera e propria filosofia. In effetti, in ogni numero si registra la presenza di qualche nuovo autore, segnalata da una breve scheda che ne restituisce sinteticamente i percorsi culturali, professionali ecc. Tra i collaboratori che non necessiterebbero di particolari presentazioni, vi è Pierfrancesco Uva, pittore e illustratore che ha ottenuto numerosi riconoscimenti di settore, sempre lieto di fornire vignette su temi di attualità. A lui, negli ultimi mesi, si è affiancato un altro disegnatore talentuoso, particolarmente dotato sul versante della caricatura di personalità politiche e del mondo dello spettacolo: Luigi Zara. Non dimentichiamo poi Massimo Pellegrinotti (le locandine di questo articolo sono sue) e l’illustratore Giampietro Bazzu. Se invece parliamo di saggistica cinematografica, non possiamo non citare Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi-Archivio Pasolini della Cineteca di Bologna e studioso dai vasti interessi, confermati dalla varietà di temi qui approcciati. Per non dire degli articoli di Simone Emiliani – Direttore Editoriale di Sentieri Selvaggi, rivista online ormai di lungo corso – che, ad esempio, in un bilancio controcorrente dell’ultimo festival di Cannes pubblicato nel numero di luglio-agosto 2015, ha sottolineato quanto la spinta a premiare, oltre i suoi reali meriti, i registi francesi abbia penalizzato più le cinematografie di altre paesi che non quella italiana. Ma è necessario sottolineare che Diari di Cineclub riceve contributi qualificati anche da parte di intellettuali che si occupano prioritariamente di altre forme espressive. Si pensi allo spazio fisso curato dallo storico dell’arte Giovanni Papi, che si occupa tanto degli eventi che si svolgono nella capitale, quanto della tutela dei valori monumentali, spaziando dalla contemporaneità all’antichità classica; ad esempio, nel numero di novembre 2015, vi è la prima parte di un intervento concernente tre importanti creazioni dell’età imperiale: l’Anfiteatro Flavio, la Meta Sudans e il Colosso del Sole. Una presenza non casuale, bensì legata ad una precisa consapevolezza, riguardante lo statuto stesso del cinema, concepito come luogo dell’incrocio e della sintesi fra le diverse arti, da quelle visive alla letteratura e alla musica. Di più, la convinzione da cui si muove è che uno sguardo non estemporaneo alla riflessione che si svolge attorno agli altri mezzi espressivi dovrebbe essere un elemento centrale di ogni seria rivista di cultura cinematografica.
Ovviamente, sviluppando sino in fondo l’ottica secondo la quale il cinema non è un fatto a sé stante, si può andare anche oltre, evidenziandone il carattere di mezzo di comunicazione profondamente inserito nel dibattito del proprio tempo. In questo senso, non deve sorprendere l’attenzione riservata a due figure straordinarie – e per molti versi scomode – del cattolicesimo italiano: Don Lorenzo Milani (ricordato in particolare nel marzo 2014) e Don Andrea Gallo (luglio 2014), entrambi punti di riferimento per chiunque abbia fatto propria l’idea di una chiesa veramente vicina agli ultimi. Il confronto con simili personaggi non può esser considerato come qualcosa di eccentrico, rinviando invece all’idea che il cinema stesso sia storia. Non a caso, il dibattito pubblico sul nostro passato recente, tende sempre più spesso a svilupparsi attorno a prodotti audiovisivi. E la stessa triplice richiesta (libro, luogo, film) che un noto conduttore di Rai Storia, Massimo Bernardini, rivolge agli illustri studiosi che ospita, venuti a parlare di questa o quella fase della vicenda umana, traduce in forma semplice la consapevolezza che, ormai, non è più possibile negare lo strettissimo rapporto tra cinema e storia, tra cinema e società. In effetti, questa convinzione è già presente nella riflessione di molti critici e saggisti, però ancora affiora, qua e là, la tendenza a concepire la passione cinefila, in sé sana, come una variante del vecchio adagio sull'”arte per l’arte”. E peculiare rimane, a ben vedere, la costanza con cui Diari di Cineclub porta avanti questo assunto, ribadendolo di numero in numero. Se poi si cerca l’originalità assoluta, allora non si può non confrontarsi con le specifiche modalità di distribuzione della rivista. La quale, oltre che al pubblico “indistinto” e imprevisto che si può raggiungere online, arriva a tutti i 1400 circoli del cinema sparsi nel territorio della penisola e appartenenti alle Associazioni di Cultura Cinematografica con riconoscimento ministeriale (Ficc, Uicc, Fic, Fedic, Cinit, Cgs, Ancci, Ucca, Csc). In più, vi è la singolare esperienza delle edicole virtuali, cioè dei siti internet che hanno il link alla pagina e/o pubblicano il sommario di ogni numero di Diari di Cineclub. Le edicole, in costante aumento, hanno già superato il centinaio, rinviando alla capacità di mettere comunicazione realtà socio-culturali tra loro assai differenti. Per esempio, quella connessa al Sardinia Queer Short Film Festival – il primo festival sardo interamente dedicato al cinema a tematica gay, lesbica, bisessuale, transgender, queer e intersessuale – coesiste con diversi siti legati al mondo cattolico. Dunque, il concetto di pluralismo, sulle colonne di Diari di Cineclub è inteso nel senso più sostanziale e meno formale possibile. Del resto, l’idea di uno scambio permanente fra diverse visioni del mondo si riflette efficacemente nel Comitato di Consulenza e Rappresentanza della rivista, composto da tre donne e tre uomini. Tra le prime troviamo una figura eminente della sinistra italiana (Luciana Castellina), una delle più importanti documentariste nostrane (Cecilia Mangini) e una precaria della cultura, i cui vasti interessi partono dal teatro e dal cinema (Giulia Zoppi). Nel secondo gruppo incontriamo un decano della critica cinematografica, firma storica di Famiglia Cristiana (Enzo Natta), il Presidente della Ficc, l’Associazione Cinematografica più diffusa (Marco Asunis) e un regista che ha sempre saputo coniugare impegno civile e qualità formale (Citto Maselli). Ora, proprio questo dialogo fra le differenze rende più incisive, in quanto fondate su un terreno davvero solido, le battaglie che la rivista conduce. Ad esempio, a molti esponenti politici è stato chiesto di esprimersi chiaramente sullo scottante tema dell’impegno delle istituzioni verso la cultura. Dal numero di ottobre 2015 è partito un interessante dibattito su Quale riforma per il cinema italiano, con l’intervento diretto della senatrice del Pd Rosa Maria Di Giorgi, che ha esposto il Disegno di Legge sul Cinema e sull’Audiovisivo di cui è prima firmataria. A questo contributo si affiancava una nota di Ugo Baistrocchi, non sempre in linea con l’ex ministro Dario Franceschini, in cui si delineavano Considerazioni e 10 consigli per una nuova legge quadro per il Cinema e l’Audiovisivo. Ma forse va citato anche un intervento non concordato: il messaggio, datato 15 novembre 2013 e pubblicato nel numero 12, con il quale l’allora Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, oltre a compiacersi per l’omaggio tributato, dieci dopo la morte, a suo fratello Riccardo, documentarista e Presidente della FICC, riconosceva il positivo ruolo dei Circoli del cinema. Certo, i rapporti con le istituzioni rimandano anche a un necessario approccio critico: le scelte del Mibact e della sua Direzione Generale Cinema vengono sempre analizzate puntualmente e, quando è necessario, messe in discussione. Si pensi al caso – esaminato a partire dal numero di settembre 2015 – della Fondazione Barbaro, che si è vista eliminare qualsiasi finanziamento per l’anno 2015. A essa si legano almeno tre attività: la pubblicazione della storica rivista Cinemasessanta, l’annuale consegna del Premio Chaplin e la gestione della Biblioteca Umberto Barbaro, un ingente e qualitativamente straordinario patrimonio di libri e riviste sul cinema e non solo. In verità sul perché siano venuti meno i finanziamenti, peraltro non cospicui, ancora non vi sono stati chiarimenti, ma si è ottenuto il risultato di creare, attorno alla vicenda, una forte attenzione. Messaggi di solidarietà sono venuti tanto da intellettuali rinomati quanto da persone sconosciute e, in particolare, in molti hanno a preso a cuore le sorti della Biblioteca, rispetto
alla quale le scelte della DGC hanno aggravato difficoltà preesistenti, in parte legate a responsabilità dell’Amministrazione Capitolina. Da tempo le sue collezioni sono ubicate in due sedi provvisorie distanti tra loro, ma dopo gli interventi di Diari di Cineclub non sono mancare proposte interessanti per evitare ogni dispersione, alcune delle quali sono attualmente oggetto di studio. Ovviamente, questo forte “interventismo” nel settore della politica culturale si coniuga con la spinta a misurarsi con il cinema in tutti i suoi aspetti. Oltre a informare sulle principali attività delle Associazioni Nazionali di Cultura Cinematografica, partendo da quelle editoriali, viene assegnato il giusto – e, quindi, non esclusivo – spazio ai film che escono in sala. Inoltre, a conferma del fatto che il mondo del web non è necessariamente nemico delle forme tradizionali di fruizione della scrittura, un ampio risalto è dato ai libri che hanno per oggetto il cinema. Ma la “settima arte” viene anche esaminata in relazione alla sua capacità di evitare luoghi comuni e stereotipi nell’affacciarsi su una realtà in continua trasformazione, che ad esempio spinge al superamento dei modi tradizionali di concepire la sessualità, spesso ancorati a un’ideologia patriarcale. Perciò, una particolare attenzione è riservata a quei film che si confrontano con il mondo Lgbtqi riuscendo anzitutto a suggerire l’idea che la diversità sia un valore. Ora, si può ben dire che il culmine di questo sguardo complessivo verso un’arte sempre più articolata nelle proposte estetiche e culturali è rappresentato dalla partecipazione a ogni aspetto dell’organizzazione di due festival. Il primo è il Sardinia Film Festival, festival itinerante che si svolge, senza interruzione, in 5 comuni della Sardegna , che fanno parte di quella pre-giura di selezione che deve visionare gli oltre mille film l’anno che arrivano da non meno di 7 continentii. L’altro festival alla cui realizzazione contribuisce Diari di Cineclub è è il Valdarnocinema Film Festival (già Valdarno Cinema Fedic), che si svolge a San Giovanni Valdarno, nella provincia di Arezzo svolgendo da più di 30 anni un ruolo di primo piano nella diffusione del cinema indipendente in Italia. D’altronde, sebbene giornali e televisioni se ne occupino deliberatamente poco, queste manifestazioni sono tra i principali luoghi di diffusione della cultura cinematografica in Italia, muovendo spesso da una logica più libera di quella che informa i festival maggiori. E’ vero che, come s’è visto, Diari di Cineclub non rinuncia a dire la sua su questi ultimi, cercando – in linea con altre testate specializzate – di sottrarli al superficiale chiacchiericcio che viene loro riservato dai maggiori organi d’informazione. . Forse proprio il fatto di non avere puntati addosso i riflettori del sistema dell’informazione, favorisce la caratterizzazione di molti festival sparsi nella penisola come luoghi di confronto autentico su un’arte che, se affrontata a partire dalle sue espressioni meno appariscenti, si rivela ancora dinamica e vitale. Contribuire a costruirne qualcuno, adottando una logica orizzontale, tale da non coinvolgere solo gli addetti ai lavori, non poteva non essere un imperativo per una rivista che sta attraversando tutte le nuove frontiere della cultura cinematografica.
Stefano Macera
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